mercoledì 6 marzo 2013

Nestrian - Le Cail'hin II




LE CAIL'HIN

 

capitolo II
 



 



... ALLA TERRA


Giunte sulla terraferma, nella parte meridionale di Nestrian, le sacerdotesse Koros’hin, senza venire meno al loro razziale spirito di iniziativa e alla laboriosità femminile, incominciarono ad organizzarsi in colonie e gruppi sempre più numerosi, fondando vari avamposti sulle rive del grande mare, loro casa natia; furono principalmente due i punti ove si raccolsero la maggior parte delle Koros’hin, Nessahl (poi divenuto Porto Nessahl, o “addio”) e Ssil’marki (Porto Ssil’marki, o “rinascita/nuova nascita”). 
La zona costiera del continente infatti risultava poco frequentata dai grandi predatori del centro e permise di rendere graduale il progressivo allontanamento dalle loro dimore subacquee. Venute in contatto con alcune tribù umane di pescatori, organizzati in villaggi di palafitte e pescando lungo le coste su piroghe più o meno grandi, impararono in breve tempo a collaborare, comunicando via via sempre più facilmente, man mano che molte Koros’hin si univano in matrimonio con gli uomini. 
 
Ben presto i piccoli villaggi costieri umani si ingrandirono per ospitare un intero popolo straniero, ponendo così le basi per la creazione di un reame Koros’hin sulla terraferma. In pochi anni vennero poste le fondamenta della loro capitale, la grande città di Nuleh’ral (Roccia Viva), Corallo nel linguaggio comune, governata da un cerchio di sacerdotesse di Kalahadi, secondo un regime teocratico, come era stato loro insegnato e tramandato nel corso dei secoli. 
Agli umani fu precluso l’accesso alla città, archivio storico e religioso della civiltà Koros’hin e culla di tutto il loro sapere. 
Corallo giaceva tra i due grandi fiumi navigabili che attraversavano tutta la penisola, la Grande Lacrima e la Piccola Lacrima, entrambi provenienti dal fiume dell’entroterra Lacrima di Kalahadi. Per le Koros’hin, infatti, i corsi d’acqua generati dalle montagne non potevano che essere la manifestazione della tristezza del loro paterno dio, che piangeva la dipartita dal mare del popolo delle Koros’hin. 
 
I villaggi e le città attorno a Corallo, multirazziali, divennero invece il simbolo dell’unione tra Koros’hin e umani, ancora oggi molto forte. Su di una penisola a ovest di Corallo, porto naturale al riparo da venti troppo forti, gli umani e le Koros’hin più aperte crearono la ricca cittadina portuale di Conchiglia (scrigno marino – Valuin’màreki), metà fondamentale per tutta la regione a sud del continente dei commerci e degli scambi. È in questo periodo che le Koros’hin apprendono l’arte della navigazione dagli umani, perfezionandola ed assimilandola sempre di più nella loro vita: maestre delle correnti, i venti terrestri furono piegati alle loro necessità di spostamento sul mare, tramite un sistema di vele sugli scafi che potessero sfruttarli per rendere più veloci le navi. 
Fu costruito anche il primo galeone-città, Murena, mercato itinerante di tutta la costa sud del continente e casa per molte Cail’hin. Esploratrici per natura (e non colonizzatrici come invece si dimostrarono gli umani) le Koros’hin furono le prime a mappare buona parte del continente conosciuto e alcune delle isole più vicine alla costa sud e sud-est del continente di Geahlai’den’màreka. Durante i loro viaggi incominciarono a venire in contatto con le altre razze, umani del nord e orchi, e raramente qualche gnomo e nano (orgogliosi e asociali nelle loro roccaforti nelle montagne). 
 
Con loro grande sorpresa scoprirono che la maggior parte dei nascituri era Koros’hin (femmine), come loro, e solo in minima parte invece rimaneva della stessa razza del padre (maschi), con però alcune caratteristiche proprie delle Koros’hin: la non comune bellezza e un’agilità fisica che a volte, per quelle più dotate, era paragonabile al fluttuare delle onde, tale era la grazia dei loro movimenti. Nella città di Corallo, ove venivano ammessi pochi stranieri, lo spettro dell’estinzione invece, con il passare dei secoli, si faceva sempre più concreto, un’ombra che accompagnava nella propria vita ogni Koros’hin: essendo sempre meno le nascite venne emanata una legge che obbligava tutte le Koros’hin a mandare i propri figli nati “puri” a Corallo, per la crescita e l’educazione. Potevano invece crescere gli altri “mezzosangue”, inutili per la preservazione della razza. considerati come un peccato e un’onta nei confronti della propria specie. 
Le Koros’hin più fondamentaliste abbandonavano i piccoli alle cure del padre o, nel peggiore dei casi, venivano annegati in mare, per purificare le colpe della madre, in quanto aveva generato dei figli impuri. I mezzosangue tutt’oggi chiamati Nes’marek, i “senza madre” (da notare come la parola madre – Marek – sia molto simile alla parola mare – Màreka o Màrka più colloquiale), o comunemente chiamati dalle altre razze come “orfani” o “orfanelli”, talvolta in senso pietoso e ironico, talvolta in senso dispregiativo e razzista, come dei senza patria immeritevoli di rispetto. 
 
È però normale che in breve tempo, le Koros’hin che si erano spinte fin sulle isole o che solcavano i mari decisero di non sottostare a questa legge iniqua, che mirava solo a preservare la decadente Corallo e la vecchia generazione di femmine, ormai troppe vecchie per comprendere quale potesse essere la strada futura delle Koros’hin. 
Queste Koros’hin, non più custodi delle acque, cambiarono definitivamente il loro nome in Cail’hin, figlie delle acque, un modo per rendere omaggio al loro passato, senza tradire le loro origini.





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